Non guardo il mare che si agita nelle onde ma sono parte di esso. Cogliere l’energia sprigionata dalla materia, seguirne la traiettoria, per imprimere la sensazione dinamica. E come sosteneva Anton Giulio Bragaglia nella teoria del “Foto-dinamismo futurista”: “la prova mossa non è uguale a prova movimentata perché nella prima esiste un breve spostamento o una completa distruzione dei corpi e nella seconda solo una de-materializzazione di questi, con traccia di movimento: traccia tanto più viva, quanto più recente. Là, dunque, ove la fotografia appare tanto mossa e tanto poco movimentata da non esservi più nulla nella lastra, è che la fotodinamica incomincia, avendo quale scopo il ricordo della sensazione dinamica di un movimento e la sua sagoma scientificamente fedele, anche nella de-materializzazione”. Il mosso è come percepire un presente infinito e tuttavia dinamico, facendomi assorbire dal soggetto osservato. Cogliere in un singolo istante del presente la vita che pulsa nel suo vero senso e questo momento che pulsa si muove incessantemente, sempre. A dire il vero, impressionare il sensore, guidare la luce a disegnare un gesto è anche una goduria per il corpo, costretto a movimenti spesso inusuali, svelti, repentini; giocare con la macchina, con gli obiettivi... uno spettacolo divertente per chi guarda... ma che scatti ragazzi!